“Stiamo davvero vivendo una nuova rivoluzione industriale – ha esordito Agostino Santoni, Presidente Assinform nel corso della presentazione dei risultati – Attraverso la digitalizzazione le aziende possono compiere il proprio percorso di leadership. Dobbiamo però aumentare la velocità. E’ necessario prima di tutto lavorare sulla cultura aziendale per gestire il cambiamento con la rapidità che caratterizza l’application economy; ricordando che non esiste più l’online e l’offline, siamo tutti ‘onlife’ perché il mondo è fusione tra digitale e fisico; le imprese devono inoltre promuovere nuovi ecosistemi in quanto è cambiato anche il modo di competere sul mercato e servono competenze diverse. Per affrontare tutto questo è necessaria una regia forte che diriga la trasformazione verso l’Impresa 4.0, che deve vedere protagoniste, con una nuova voce, anche le filiere industriali. Abbiamo voluto chiamare la convention ‘Impresa 4.0’ proprio per indicare che la trasformazione competitiva delle organizzazioni, dei processi, del modo di fare business può e deve diventare patrimonio comune di tutte le imprese e amministrazioni pubbliche”.
Così sono stati aperti i lavori della mattinata dedicata alla presentazione del Rapporto Assinform 2016, che ha visto tra i relatori Vincenzo Boccia, presidente Confindustra ed Elio Catania, Presidente Confindustria Digitale, a testimonianza del fatto che la rivoluzione digitale deve essere compiuta da più attori che collaborano insieme. Tra gli ospiti di diritto, quindi, anche, Antonello Giacomelli, Sottosegretario di Stato del Ministero dello Sviluppo Economico e Antonio Samaritani, Direttore di Agid (Agenzia per l’Italia digitale), che hanno sottolineato l’impegno del Governo per rendere competitivo il Paese attraverso, da un lato, la costruzione di infrastrutture nelle aree ‘a fallimento di mercato’ – ossia quelle zone in cui l’investimento in infrastrutture e servizi non risulterebbe efficiente per il libero mercato, dove cioè non esiste sufficiente interesse commerciale per il privato – e, dall’altro, la promozione di attività e servizi che, innovando la Pa, contribuiscano alla trasformazione dell’intero sistema.
In tale contesto non poteva mancare la voce del mondo accademico rappresentato da Gaetano Manfredi, presidente Crui (Conferenza direttori Università Italiane): “Il 40% dei lavori che si faranno nei prossimi anni oggi non esistono; dobbiamo prepararci, sapendo integrare le competenze tradizionali con quelle nuove di cui ci sarà bisogno. Inoltre dovremo affinare quei soft skill (capacità relazionali, di problem solving eccetera) sempre più importanti nelle nuove modalità collaborative e questo significherà uno sforzo di cambiamento anche del modo di insegnare”.
La buona notizia
“Nel 2015 a fronte di una crescita del mercato digitale mondiale a valori costanti che si è assestata sul 2,4% – ha dichiarato Giancarlo Capitani, Presidente NetConsulting cube – il tasso di incremento europeo si è arrestato all’1,3%, mentre quello italiano al +1%, per un valore globale pari a 64,9 miliardi di euro. Nel 2016 il trend positivo dovrebbe confermarsi con una crescita dell’1,5%”. (figura 1)
Nel Rapporto Assinform emerge molto chiaramente la differenza, già riscontrata da qualche tempo, tra il trend del mercato tradizionale Ict e la domanda dei Digital Enabler; in particolare, si fa riferimento a IoT (Internet of Things), Sicurezza, Cloud, Big Data, Piattaforme per la gestione Web, Mobile Business. Tutti questi settori, escludendo solamente quello della sicurezza che ha registrato un +3,3%, vantano incrementi a doppia cifra.
“Queste crescite si alimentano l’una con l’altra – ha commentato Capitani – e a loro volta influenzano l’andamento delle componenti tradizionali, soprattutto quella del software e servizi che è cresciuta più della media del mercato (+4,7%). Parallelamente, anche le revenue derivanti da dispositivi e sistemi sono tornate in territorio positivo (+0,6%) anche se sono cambiati fisionomie e utilizzi dei device”.
La buona notizia sta nel fatto che, dopo anni di contrazione, il mercato digitale italiano è cresciuto e continuerà a farlo anche nel prossimo triennio; ci si aspetta infatti una ripresa degli investimenti per tutti i settori, spinti soprattutto dalle grandi imprese, previste in crescita del 2,8% nel 2016 rispetto al 2015. Sarà invece inferiore il tasso di crescita dei budget stanziati da medie (+1,7%) e soprattutto piccole imprese (+0,6%). Sul fronte della Pa, sarà la Sanità (+3%) la maggiormente impegnata nella trasformazione digitale, mentre gli enti locali segneranno -2% di spesa.
“La quarta rivoluzione industriale – ha affermato Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano – si poggia sulla terza. Se è infatti fondamentale rimettere al centro dello sviluppo dell’economia il mondo industriale (ed è giusto assicurarsi che abbia il contesto giusto in cui prosperare e le competenze e le relazioni necessarie per favorire tale sviluppo) è anche importante rendersi conto delle tecnologie tradizionali per l’automazione dei processi operativi attualmente utilizzate dalle aziende stesse per poi comprendere come e quando avverrà il cambio di paradigma organizzativo complessivo implicito nella definizione Smart Manufacturing”.
Purtroppo, le soluzioni che supportano i processi di gestione più articolati e complessi trovano ancora un’applicazione molto limitata nelle aziende manifatturiere italiane, non ci si può dunque stupire del fatto che vi sia ancora poca conoscenza riguardo a concetti quali Smart Manufacturing.
Secondo un’indagine che ha coinvolto più di 200 Coo/direttori di produzione di grandi (più di 150) e piccole e medie imprese (quasi 70), tale tema è ancora poco conosciuto, anche se oltre il 50% delle imprese con impianti di età media inferiore ai 5 anni ha dichiarato di avere tutti gli impianti connessi in rete per poter scambiare dati con i sistemi informativi di fabbrica, quasi a indicare che in alcuni casi si è più avanti di quanto si pensi, o forse semplicemente più pragmatici.
Certo è che da questa survey e da altri lavori condotti negli anni scorsi dal Politecnico, emerge che quanti sono già passati attraverso un percorso di maturazione nella propria gestione operativa sono ora pronti ad aprirsi all’ulteriore passaggio evolutivo, mentre c’è ancora molta strada da fare per tutte le altre realtà.
articolo tratto da ZeroUnoWeb